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Il quadro della distruzione, secondo un’autorevole testimonianza:
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“(…) status religiosus et moralis hujus Archidioecesis ob belli calamitates ejusque funestas sequelas multum detrimenti accepit. Siquidem, Archidioecesis Goritiensis theatrum fuit immanis belli a Pentecoste a. 1915 usque ad Novembrem 1918, incolae cum suis pastoribus dispersi per Austriam vel exules detenti in Italia; oppida pagaque solo aequata; ecclesiae 43 penitus destructae, 18 valde laesae, 24 leviter violatae; campanae cum organis et s. supellectili ablatae, uniones catholicae interim suppressae vel suspensae, organizatio socialis disrupta. (…)”
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“(…) lo stato religioso e morale di questa arcidiocesi, a causa delle calamità della guerra e delle sue funeste conseguenze, subì un considerevole detrimento. Dal momento che l’arcidiocesi di Gorizia fu teatro dell’immane conflitto dalla Pentecoste del 1915 al novembre 1918, gli abitanti con i propri pastori furono dispersi in Austria o esuli, trattenuti in Italia; le città ed i villaggi furono rasi al suolo; 43 chiese furono totalmente distrutte, 18 gravemente danneggiate, 24 in modo lieve; le campane, con gli organi e le sacre suppellettili, furono rimosse, nondimeno le associazioni cattoliche furono soppresse o sospese, l’attività di promozione sociale fu ridotta in pezzi. (…)”
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Mons. Francesco Borgia Sedej, principe arcivescovo di Gorizia, dalla “relatio ad Limina Apostolorum” del 1921, autografo conservato nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Gorizia.
 
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